PARLIAMO DI PERFEZIONE

“La perfezione mi repelle.

Tutte quelle donne e quegli uomini che cercano la perfezione negli stereotipi creati dalla società mi fanno venire il vomito. Stessi vestiti, stessa musica, stesse espressioni, stessi cibi, stesse scopate, stesse auto, stesse vite…e alla fine?

Stessi suicidi neurali di massa. Perché vivere come un automa è senza ombra di dubbio un suicidio. Quando tutti si è uguali, tutti si è nessuno. La perfezione è un uccellino in gabbia che vive, mangia e muore con il solo scopo d’essere ammirato. Io voglio vivere, finanche spiumato, infreddolito, denutrito ma libero.”

(Charles Bukowski)

Quanto sei d’accordo con tale affermazione?

Personalmente molto, tuttavia ci tengo a chiarire alcuni passaggi onde evitare che si possa considerare la perfezione una cosa “repellente”. Non sono infatti d’accordo con questo. Lo si è in riferimento a una perfezione stereotipata. In realtà ne esiste un’altra di cui ti voglio parlare e in qualche modo collegata a ciò che Charles Bukowski affermava di cui molti ignorano l’esistenza.

La maggior parte delle persone, infatti, ha una immagine della perfezione che debba ricalcare gli stereotipi della società, altri ancora non credono neanche alla sua esistenza, sino a chi pensa che non valga la “pena” una sua ricerca o conquista, ossia che essere “perfetti” sia un obiettivo così elevato da renderlo irraggiungibile, inutile ed eccessivamente dispersivo.

Che sia meglio essere se stessi “così come si è” (tutto da chiarire) piuttosto che tendere a qualcosa che non può essere raggiunto.

Voglio chiarire questo messaggio.

Lo faccio per aiutare quanti si trovano di fronte a tale “dilemma”, ma anche chi si trova davvero di fronte alle parole di Bukowski, poiché molti sono spinti a ricercare una sorta di perfezione, incluso il miglioramento di se stessi, ma solo per far vedere alla società di essere dei bravi, buoni e rispettosi esseri umani, in una parola “credibili e affidabili”.

Poi però si sentono frustrati quando, giustamente, non riescono a raggiungerla o quando, peggio ancora, costruiscono personaggi solamente per essere riconosciuti a livello sociale finendo per diventare chi non sono.

Per farlo bisogna chiarire cosa si intende o potremmo intendere per perfezione perché così facendo ci si libera subito da tutti quei dubbi o quegli stereotipi della nostra società che nel bene e nel male condizionano e influenzano la nostra vita, il nostro pensiero, le nostre emozioni, la nostra fiducia e autostima. Sino al nostro sentire.

La PERFEZIONE non è nient’altro che UNICITÀ’ e la Rosa ne è il simbolo per eccellenza. 

Essere unici vuol dire essere se stessi.

Ma quando possiamo davvero affermare di esserlo? Quand’è che una persona può dire di essere se stessa?

Per sfatare subito ogni credenza che la società e, tanti bravi formatori e psicologi promuovono e pongono come obiettivo, ma che ci porta davvero lontano dalla questione, va detto che essere se stessi non è un aspetto caratteriale o comportamentale, ma attitudinale e l’attitudine e un indole, ossia una “predisposizione” e non è una questione legato allo sviluppo psicologico. Non solo.

Bensì emotivo, interiore e soprattutto spirituale.

Qui infatti mi tirerò appresso la psicologia e una parte della pedagogia che pone invece l’attenzione sulla mente, il corpo, sulla adattabilità che un individuo deve o dovrebbe avere nei confronti della società e sul presunto sviluppo psicologico.

Tuttavia i bambini non vanno visti solo come esseri umani, ma come Anime e la pedagogia come la psicologia deve abbracciare la spiritualità.

Si tratta di sapere che per far crescere un essere umano equilibrato emotivamente e psicologicamente, per aiutare un individuo a essere se stesso bisogna educare partendo da un’altra prospettiva: quella dell’Anima, dello Spirito e della Coscienza.

Occorre, necessariamente, se si vuole davvero educare, intercettare il sentire interiore del bambino, giovane, adolescente e tale forma di educazione non ha nulla che fare con il comportamento, con il condizionamento, con i processi cognitivi comportamentali. Perché se non si educa il cuore, sede dell’anima, come diceva Aristotele, non si sta affatto educando.

E questo spero che sia chiaro a tutti.

Non è una questione psicologica, la psicologia va depurata, purificata, a tratti pietrificata (è solo un eufemismo). Ma spirituale, dello spirito, dell’anima, del cuore. Solo li risiede la nostra vera natura ed essenza e come tale la nostra autenticità e… perfezione.

Per, infatti, la perfezione esiste.

Per iniziare dunque a capire da dove partire cominciamo col dire che quando parliamo di perfezione dobbiamo necessariamente anche parlare di UNICITÀ’ e DIVERSITÀ’.

Perfezione = Unicità = Diversità.

Si è in sostanza “perfetti” quando si è diversi, ovvero quando siamo liberi di sentire e provare le nostre emozioni e di manifestarle, quando si è così come si è, purché, ovviamente, si sappia di essere davvero se stessi e non il “prodotto” di una società o dei condizionamenti.

Quando, in sostanza, il nostro sentire interiore è puro, puro come una rosa e siamo capaci di esprimerlo. 

Sapevi infatti che le rose offrono il polline alle api per fare il miele? Il miele è da sempre considerato il nettare degli dei.

Molti infatti sono coloro che sono stati creati a “immagine e somiglianza” della società, spinti a rinnegare e soffocare il proprio sentire interiore. Tra l’altro si è davvero se stessi quando si è capaci di entrare in connessione con le proprie emozione e questa è la vera “educazione emotiva” che va portata a scuola.

Dobbiamo pertanto aggiungere anche un altro elemento: l’AUTENTICITA’.

Perfezione = Unicità = Diversità = Autenticità (I magnifici 4)

Si è perfetti pertanto quando si è autentici.

E come si fa ad esserlo?

Siamo autentici quando siamo PURI e INNOCENTI ed esprimiamo il nostro sentire interiore, quando viviamo il nostro sentire interiore. A questo proposito sorge un’altra domanda. Quando possiamo affermare di essere “puri e innocenti” e quindi autentici?

Una mia idea me la sono fatta.

Siamo perfetti quando siamo noi stessi e siamo noi stessi solo quando siamo come i BAMBINI, quando ritroviamo il nostro Bambino.

Essere bambini, diversi, tutti unici, è il primo passo verso quella perfezione di cui non ci sarebbe neanche bisogno di parlare poiché si tratta di riscoprire proprio quel sentire interiore tipico dei bambini. Del resto, quando nasciamo, veniamo alla luce puri e in quella purezza e innocenza risiede tutta la nostra “perfezione”.

Prendere coscienza di questo passaggio è davvero essenziale ed è solo l’inizio affinché si lavori su un percorso psicopedagogico preciso e mirato ad aiutare un individuo a contattare se stesso (sentire interiore), un sentire che, tra l’altro, è già presente dentro di noi che tuttavia perdiamo crescendo proprio in quella società che tanto dovrebbe proteggerci o accoglierci.

E come potrebbero del resto visto come vanno le cose.

Il tema, per la sua vastità, ne coinvolge molti altri ma se focalizzato proprio su quell’atteggiamento spontaneo tipico dei bambini che nel gioco, nell’allegria, nel divertimento, nella musica, nella danza, nell’arte e infine nella creatività scoprono e trovano se stessi, allora, a quel punto, il sentire interiore, così tanto tenuto distante o temuto diventa invece il centro nevralgico dello sviluppo spirituale e psicologico di ogni essere umano e come tale diventerebbe il nuovo modello sociale di riferimento. 

Intanto, se vuoi approfondire il tema, voglio consigliarti di leggere il mio primo libro “Il Leader Illuminato”. Sarai davvero sorpreso di scoprire chi è il Bambino che descrivo nel libro intanto la copertina penso che parli chiaro.

Poi, qualora volessi ulteriormente approfondire il tutto, ci sono i percorsi di crescita personale e sviluppo del talento. Perché noi recuperiamo la nostra “perfezione” sviluppando proprio i nostri talenti.

Nel frattempo e volendo ritornare un attimo al tema perfezione voglio parlarti di come le piante, gli animali, una stella o un pianeta, nonostante siano tutti differenti tra di loro allo stesso tempo sono unici e perfetti. Come si fa dunque ad affermare che la perfezione è repellente?

Lo è solo in riferimento agli stereotipi della società ma non all’essenza della natura spirituale dell’anima e dell’uomo stesso.

Non esiste infatti né una stella e né un fiore che siano imperfetti o identici l’uno all’altro, pensa ad esempio alle rose oppure ai gemelli (non esistono gemelli che non siano “diversi”, i gemelli diversi).

Dunque la perfezione esiste e come tale se esiste dipende solo da noi riconoscerla, ovviamente depurandola da quella stereotipata della società o che la società si aspetta. 

Nessuno ci ha mai insegnato del resto a vederla, ma se vista da un altro punto di vista diventa tutto molto più “raggiungibile” di quanto si possa immaginare poiché si tratta di sapere che è proprio davanti ai nostri occhi. Anzi, è già dentro noi stessi. Serve solo portarla alla luce.

Tra l’altro, giusto per approfondire ulteriormente, non ti è mai capitato di fare qualcosa di così eccellente da aver rasentato o raggiunto la perfezione? Pensa ad esempio a chi ama cucinare. Almeno una volta nella vita abbiamo tutti assaggiato o mangiato un piatto eccellente o delizioso.

La delizia tra l’altro è uno degli elementi della “perfezione”, come le rose tra l’altro..

Questo infatti è il mio approccio alla vita e al mio lavoro. Tendere all’eccellenza, migliorarmi costantemente “senza strappi al motore” però. Si è “perfetti” quando ognuno è se stesso e riscopre il proprio valore, la propria unicità, il proprio bambino. La perfezione significa dunque tornare all’origine, essere ognuno unico e diverso dall’altro.

Il punto in discussione infatti è capire quando possiamo affermare di essere noi stessi nella nostra unicità e diversità e cosa dobbiamo fare per esserlo. Per saperlo dobbiamo parlare di talento, di talenti, di quelle unicità (qualità, capacità, doti innate e acquisite) che ci rendono speciali così per come siamo.

Dato, tuttavia, che la maggior parte delle persone che formano la nostra società, non crede o non conosce se stesso oppure non è stata educata a riconoscere la propria unicità e non l’ha sviluppata, si è formata una società omologata che oggi nega, boicotta e favorisce la mediocrità, in una parola ostacola lo sviluppo dell’unicità dell’individuo, il quale, magari e grazie a un lavoro preciso di sviluppo e di crescita, può portare alla luce se stesso e raggiungere così la propria “perfezione” (unicità).

In parole più spicciole, si tratta di aver sviluppato le proprie eccellenze, autonomie e indipendenze, aver sanato le proprie ferite e sviluppato i propri talenti.

Si, i tuoi talenti. Le tue unicità. 

Tutto ciò, come ben sappiamo, cozza con il modello sociale di riferimento che non mira a favorire la diversità ma bensì l’omologazione e la standardizzazione. Qui si tratta infatti di sapere che dato che pochi sono coloro che hanno davvero riconosciuto se stessi, e farlo e tutt’altro che una passeggiata, si finisce per non credere nella perfezione o considerarla repellente, quando in realtà è di unicità che stiamo parlando.

Si tratta di essere semplicemente se stessi, come i bambini, puri e innocenti e, come tali, “perfetti” così come sono. Chi è del resto quell’adulto che può negare che un bambino, magari appena nato, non sia perfetto così com’è?

La perfezione che la maggior parte di noi è portata a credere e pensare che esista è quella perfezione idealizzata, dogmatizzata, di una visione troppo elevata dell’essere umano. E su questo ci siamo, ma non possiamo negare l’esistenza della perfezione in sé. Questo sarebbe un errore.

In questo caso mi sento di affermare che può parlare di una PERFEZIONE RELATIVA data tuttavia dal nostro VALORE ASSOLUTO. Come canta Tiziano Ferro.

“Se piovessero dal cielo tutti i cuori del mondo, Io raccoglierei il tuo soltanto, E se piovessero dal cielo tutti gli angeli, Gli racconterei che, In questo mio presente, E relativo vuoto, Sei tu il mio vero e unico, Valore assoluto…”

(Tiziano Ferro)

In questo mio “presente” sei “tu” il mio vero e unico valore assoluto e il mio “relativo vuoto”.

Cosa significa? Come possiamo interpretare il testo della canzone? Beh, innanzitutto che la perfezione si trova nel presente, nel qui e ora, dove tutto è perfetto davvero. In secondo luogo, il relativo vuoto è da intendersi come “vuoto” esistenziale, un vuoto che viene colmato da quel “valore assoluto” rappresentato invece da Dio, dal cuore, dal divino e quindi dall’anima, dallo spirito.

L’anima, lo spirito e la coscienza sono infatti perfetti.

Ecco allora che la perfezione è da intendere come la presenza del divino dentro di noi e in questo caso di quel rapporto vero e unico che l’uomo può avere solo con la propria anima e quindi con Dio. E dato che siamo una parte di un tutto più grande siamo il “relativo” dell’assoluto e come tali dunque perfetti.

Perfetti, ovviamente, agli occhi di Dio e non certo della società o dell’uomo. Per essere perfetti infatti non dobbiamo avere il “consenso” o riconoscimento dell’uomo, ma solamente di Dio.

Conclusione.

C’è una cosa tuttavia che voglio dire al termine di questo articolo.

Non si è perfetti esteticamente o nell’apparenza, nel comportamento o nella condotta, nella “moralità”. La perfezione non è un concetto “materiale”, ma spirituale. Si è perfetti, infatti, quando si è capaci di sentire la vita scorrere dentro di sé. E’ nel sentire che si manifesta la perfezione. Forse da Bukoswky questo non emerge ma è li che aspetta di farlo.

La perfezione è nel sentire, ovvero, nel vivere ciò che si prova facendolo scorrere e facendoci attraversare e tutto ciò è rappresentato proprio dalle nostre fragilità. La perfezione si trova nella bellezza e nella fragilità proprio come per le rose. E tutti quanti noi siamo delle rose. 

Spero che con questo articolo possa aver fatto chiarezza sulla questione della perfezione perché è un tema che sento molto, tuttavia sento che i tempi siano maturi. Del resto era proprio lo stesso Pitagora che amava particolarmente il numero 7, considerato appunto il numero della perfezione.

Qui si tratta di sciogliere e di liberare, aprire, ciò che per molti non è chiaro, dubbioso, nascosto. Questo infatti è il mio proposito come facilitatore, coach, ricercatore e scrittore.

La realtà, del resto, va vista sempre sotto due aspetti: ciò che è palese e ciò che è nascosto. Per vedere il nascosto bisogna guardare le cose da un altro punto di vista, capovolgerle, e solo quella del cuore e dell’anima, che di per sé sono perfetti, può farlo. Perché qui non si tratta di vedere o di pensare, ma di sentire. 

E solo l’uomo che vive nel cuore riesce a vedere la sua e altrui bellezza, la sua e altrui perfezione.

Daniele Pulciani

PS: solo agli occhi della società l’uomo perfetto non può esistere e direi anche meno male anche perchè non se ne ha tra l’altro un’idea chiara. Ma agli occhi di Dio tutto è perfetto così com’è!

Ancora convinto che la perfezione sia da intendere in maniera repellente?

Oggi, tra l’altro, è il 7 di febbraio! Neanche a farlo a posta. Numero della perfezione!!!

Un caro saluto.

Ti lascio con la canzone di Fedez e Michelin.. “Tutto è magnifico”.

E QUI DI SEGUITO IL LINK AI LIBRI DI ACCADEMIA DEL CUORE

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