DOBBIAMO IMPARARE A VIVERE SENZA AVERE BISOGNO DEGLI ALTRI

“Qual è la distanza reciproca da tenere affinché si possa convivere senza ferirsi a vicenda?” (Arthur Schopenhauer)

Dobbiamo imparare a vivere relazioni senza creare legami e dipendenze. “L’unione fa la forza” non significa che per essere forti dobbiamo essere legati gli uni agli altri, ma l’esatto contrario. Esseri gli uni liberi dagli altri.

È solo quando mi posso muovere liberamente e in armonia con me stesso che l’unione diventa la forza.

Nelle relazione umane di tutti i giorni equivale al principio secondo il quale .. è il mio equilibrio interiore, la mia fiducia personale che determinano la mia forza interiore e non la “spalla” di qualcun altro sulla quale mi appoggerò (partner, fidanzato, marito, moglie, amico, collega ecc). Se sono in equilibrio e in armonia con me stesso genero io direttamente la mia forza fisica, interiore, psichica indipendentemente da chiunque altro e solo così posso poi unirla alla forza degli altri. Allora si che diventa una vera unione. Basti pensare al gioco di squadra nello sport.

Il modo invece che oggi conosciamo di unire le forze, in ambito sociale e relazionale, è l’esatto contrario. “Ho bisogno di te .. mi servì per questo lavoro .. da solo non ce la faccio .. se fai questo per me .. io faccio questo per te .. ecc”. In questo modo creiamo relazioni che piuttosto che spingerci verso “l’alto”, perché entrambi le persone volano libere, ci leghiamo in rapporti relazionali, sentimentali e famigliari dove a predominare sono le nostre paure e insicurezze e l’incapacità di realizzare noi stessi senza il bisogno del prossimo. Ecco allora che si creano relazioni di interesse, relazioni economiche, politiche, di “clan”, di casata, di “letto” dove a risentirne è la nostra autenticità, naturalezza, libertà.

Dobbiamo imparare a vivere senza avere bisogno degli altri.

Per imparare a vivere senza avere bisogno degli altri bisogna imparare a vivere da soli. È così che sviluppiamo la nostra forza interiore, il nostro equilibrio oltre al fatto di imparare a sviluppare capacità che “pensiamo” e crediamo di non possedere.

Il concetto di vivere in una comunità ad esempio, non vuol dire gravare sulla vita degli altri, ma bensì cooperare tutti per un unico fine, per un obiettivo comune. Esistono vari livelli di comprensione di questo concetto che toccano molti aspetti della nostra vita quotidiana. La metafora è chiaramente quella che conosciamo con il detto che “chi fa per se fa per tre”, ma per fare per “tre” dobbiamo saper fare per “uno”, per noi stessi. Vuol dire anche che dobbiamo imparare a cavarcela da soli, imparando nuovi mestieri e magari sviluppando nuove abilità.

In ambito relazionale e soprattutto sentimentale, non siamo ancora capaci di amarci autonomamente. Cerchiamo l’amore negli altri come forma di nutrimento esistenziale perché l’amore manca dentro di noi. Ma ha anche a che fare con il lavoro, lo svago, lo sport, l’educazione perché in ogni settore della nostra vita dobbiamo imparare a vivere senza avere bisogno degli altri. Questo principio non vuol dire che vivremo da soli e in solitudine, o peggio ancora, che non offriremo il nostro aiuto, ma significa vivere sane e libere relazioni in cui le parti in gioco uniscono le loro energie in un’unica grande forza.

Attualmente, in ambito sociale, famigliare e relazionale non succede nulla di tutto ciò, è raro trovarli. Per relazionarsi con successo nel mondo e verso gli altri dobbiamo sicuramente imparare ad amarci, a vivere da soli e a non aver bisogno degli altri perché in questo affrontiamo tutte quelle paure, insicurezze e debolezze dietro alle quali si nascondono i nostri comportamenti e il modo in cui poi, determinano le nostre e altrui reazioni.

Non sto dicendo che non dobbiamo aiutare gli altri o non essere generosi verso il prossimo. Sto affermando che è fondamentale che tu sappia “pescare” perché in questo ti renderai libero e autonomo, indipendente dal prossimo e non agirai sempre per chiedere “aiuto”, ma bensì per offrire il tuo servizio, la tua forza e le tue capacità.

È chiaro che tante sono le persone che ricercano all’esterno, in una relazione, in un rapporto, la propria soddisfazione ad uno o più bisogni senza essere consapevoli della dipendenza e del legame eventualmente che si crea. Oltre naturalmente al fatto che spesso siamo proprio noi a ferire noi stessi e il prossimo nel tentativo di soddisfare le nostre esigenze e di realizzare noi stessi.

Il gioco non vale la candela

Vivere dipendendo dagli altri è un gioco che non vale la candela, a maggior ragione se poi tutta la nostra vita potrebbe dipendere dalle scelte di qualcun altro. È sconvolgente pensare a quanto possa essere compromettente “vincolare”, ”legare” la nostra vita a quella di qualcun altro se poi quest’altro dovesse determinare il baricentro sul quale si edifica tutta la nostra vita. È fondamentale saper camminare con le proprie gambe e liberarsi da ogni relazione per imparare a relazionarci con rispetto, senza ferire il prossimo ma senza ferire se stessi.

E’ fondamentale inoltre, saper ritrovare un naturale senso di vivere fuori dal bisogno del prossimo e di condizionarlo. Ciò di cui non siamo coscienti è come molte delle nostre azioni feriscono non solo l’altro ma anche noi stessi. In questo caso le ferite sono emozionali, psicologiche, fisiche, morali, etiche perché parlano di ciò che non dovrebbero parlare. Mi riferisco naturalmente ai compromessi, ai silenzi, agli inganni, a tutto il non detto che soffochiamo e tacciamo e poi, ci portiamo dentro. Ecco cosa ci conduce a soffrire e a far soffrire.

“L’arte della libertà e del rispetto”, ecco cosa dobbiamo imparare. “Educazione è educarsi, formazione è formarsi” affermava il filosofo H.G. Gadamer. Se non impariamo a vivere da soli, che significa vivere con la propria anima ed essenza, non sapremo mai vivere con gli altri. Ecco allora che serve scoprire quanto siamo davvero responsabili senza nessuna “mezza misura” di tutto ciò che ci accade nella vita ed è da qui che dobbiamo iniziare il nostro lavoro di crescita e di trasformazione umana. Perché così come ha detto Giuseppe Tomasi di Lampedusa nel suo romanzo internazionale il Gattopardo: “Se vuoi che tutto resti com’è, bisogna che tutto cambi”, che tradotto vuol dire: “Se non cambi, la storia ti seppellirà”.

Buon week end!

Daniele Andrea Pulciani

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