“ACCETTARE SE STESSI. SEGUI LA VIA DEL CUORE”.

Accettare se stessi ha a che fare con due aspetti ben distinti della nostra esistenza. Della conoscenza che abbiamo di noi stessi. Il primo è legato a un aspetto psicologico e biologico della vita strettamente dipendente agli istinti naturali e primordiali, alla nostra mente, al nostro corpo, al nostro organismo e a tutto ciò che abbiamo “ereditato” da quando siamo nati, inclusa tutto l’ereditarietà ricevuta dai nostri genitori e dal nostro albero genealogico. In questo caso parliamo sia di eredità culturale che educativa, ma anche di eredità genetica. Stiamo parlando dell’epigenetica.

La seconda fa invece riferimento alla nostra anima e alla sua essenza, unicità, al nostro cuore e al viaggio che stiamo compiendo come esseri spirituali e, come afferma James Hillman, al carattere dell’anima, al suo talento, alle sue vocazioni e doni che cercano di emergere. Stiamo parlando di quello che il filosofo greco Plotino chiama l’Anima del mondo.

Comprendere queste doppia origine ci permette di distinguere tra quella che in psicologia viene chiamata con il nome di personalità, da quella che invece secondo la filosofia (soprattutto quella platonica e socratica) è definita con il termine di daimon, Anima, Spirito. La divinità che vive in noi.

L’uomo è un essere vivente che ha una duplice origine. Umana e divina. Una di tipo interiore e spirituale e una di tipo esterna e materiale. Una è conscia e l’altra inconscia. Una è superficiale e l’altra profonda. Una è visibile l’altra invisibile. Una è tangibile l’altra intangibile. Una è una “maschera”, l’altra è l’originale. Una è di tipo materiale e terrestre e una di tipo immateriale e universale.

Da una parte troviamo l’uomo con la sua mente, il suo corpo organico e biologico, dall’altra il cuore, l’anima nel suo stato di coscienza e di essenza. Entrambe sono vere, ma mentre la prima, la personalità, è un aspetto costruito e “superficiale” della vita, è una facciata, la seconda va intesa come l’esistenza di una natura universale ben più profonda in cui è contenuta la nostra essenza. Noi siamo sia macrocosmo che microcosmo. Questo concetto lo ritroviamo nell’Uomo Vitruviano di Leonardo Da Vinci.

Quando parliamo di noi stessi e di accettare se stessi, o di come spesso non riusciamo a farlo, dobbiamo comprendere che molto dipende dal conflitto tra queste due vite, dipende proprio dall’esistenza di queste due forze che convivono e lottano tra di loro. La nostra personalità e quindi il nostro ego, le nostre paure sono il frutto di una ereditarietà educativa e culturale, ma anche di una eredità “genetica” che abbiamo ricevuto dalla catena biologica (albero genealogico) dalla quale siamo nati. Il primo ambiente nel quale sperimentiamo il primo condizionamento con la vita è l’utero materno.

La nostra anima invece, la nostra essenza e quindi autenticità, la divinità che vive in noi, è ben differente da quella che abbiamo costruito durante il corso della vita poiché stiamo parlando di una natura ben distinta nella quale si ritrovano le esperienze vissute in altre vite, i relativi “condizionamenti” (karma) e quello che ho chiamato con il nome di “albero genealogico delle reincarnazioni”. In questa parte però, si trova l’espressione più profonda e autentica della nostra (vera) vita. Quella del viaggio che sta compiendo la nostra anima.

La domanda che sorge spontanea per aiutare chi è alla ricerca e alla scoperta di se stesso è: ”Noi chi siamo? Siamo la nostra personalità oppure siamo la nostra anima?”

Tutto dipende da ciò in cui crediamo e se crediamo poco o niente all’esistenza della vita dell’anima dentro di noi, questo influenzerà la nostra visione della vita. Il noto psicologo spirituale Wayne Dyer nel suo lavoro epocale ci ha lasciato una eredità di inestimabile valore quando ha affermato che “noi non siamo esseri umani che stanno vivendo un’esperienza spirituale, noi siamo esseri spirituali che stanno vivendo un’esperienza umana”.

Accettare se stessi pertanto è un lavoro di conoscenza e di scoperta di se stessi, ma anche di controllo e di ricerca dell’equilibrio di queste due forze. Da un lato la forza dei limiti del corpo e della mente, dall’altro la forza, a volte esplosiva, dell’energia contenuta nell’anima.

La conoscenza che abbiamo della vita, del mondo, di noi stessi e di come si sono formate le nostre convinzioni, e del perché non riusciamo ad accettarci, è una conoscenza che fatica a emergere poiché siamo fortemente condizionati e limitati dal tipo di società in cui viviamo, dall’eredità ricevuta dai nostri genitori, dall’ambiente, dall’albero genealogico, dalle convinzioni, da tutti quegli atteggiamenti che poi sono diventati i nostri. Ecco allora che una persona (a dir la verità è l’’anima) per accettare se stessa è chiamata ad armonizzare queste due forze lavorando su se stessa.

Lo scopo infatti è comprendere che l’anima, vera essenza della nostra autenticità, ha scelto un “protocollo” per sperimentare una esperienza della vita che pur mostrandosi avversa, conflittuale, dolorosa lo è per uno scopo preciso. E’ un’esperienza evolutiva. L’anima necessita di avere condizioni “avverse” per evolvere e crescere a livello spirituale e la vita offre condizioni utili a sperimentare e ricercare la propria espressività nel tentativo di mostrare e far crescere il proprio talento. L’anima sceglie di incarnarsi  e di vivere la sua esperienza scegliendo i genitori e tutte le successive esperienze ad essi collegati, grazie ai quali, vivrà le dovute situazioni con le quali sperimenterà la vita.

I nostri conflitti pertanto, soprattutto interiori, sono dovuti allo scontro tra queste due forze. Una dominante e l’altra dominata che sono alla base della nostra duplice realtà. Per risolvere questo conflitto, che all’atto pratico vuol dire liberare l’espressività dell’anima e la sua creatività dai limiti imposti dalla cultura e dalla mente, dai condizionamenti ereditati, siamo chiamati a riprogrammarci esistenzialmente.

Come possiamo farlo? Come possiamo accettare noi stessi?

Come prima cosa amandoci, apprezzando chi siamo per come siamo fatti con tutti i nostri limiti e debolezze. Anche se ci fanno incazzare. Successivamente possiamo riprogrammare la nostra vita, attraverso la parola. Il linguaggio, la comunicazione.

La riprogrammazione esistenziale, nota anche come epigenetica, consiste nel riprogrammare, rieducare, la nostra coscienza potendo riprogrammare anche le nostre cellule. Se è vero che chi crediamo di essere oggi è stato il frutto di una educazione giunta a noi attraverso il linguaggio, le parole, la comunicazione è vero anche il contrario. Partiamo dalla fine per tornare all’origine.

I conflitti interiori sono il risultato della lotta che l’anima compie nel tentativo di educare se stessa verso l’accettazione dei limiti imposti dall’esperienza materiale della vita. E’ un po’ come affermare che l’anima, non accettando le limitazioni del corpo e per evolvere, è chiamata a equilibrare la propria forza. Imparando a far emergere i propri talenti e le proprie vocazioni. Realizzare se stessa amandosi.

Per compiere questa riprogrammazione esistenziale, educazione ed evoluzione dell’anima, è proprio dalla comunicazione che possiamo iniziare. Dal linguaggio e dall’uso delle parole. Se questo non fosse sufficiente è fondamentale sapere che la nostra anima sta sperimentando questo livello di esperienza e di “dolore” perché sta imparando a equilibrarsi.

LA PACE INTERIORE.

Quante volte dopo un evento significativo che magari non abbiamo del tutto accettato ci è stato suggerito “Dai, fattene una ragione. Mettiti l’anima in pace”. Conosci quest’espressione?

Accettare se stessi, la propria condizione, le proprie difficoltà e conflitti significa metterci l’anima in pace. Che non vuol dire rassegnarsi. Significa invece imparare l’arte della calma. È l’anima che è chiamata a trovare la pace, se no perché si chiamerebbe pace interiore? Siamo chiamati a imparare a gestire le nostre forze. Una pratica molto efficace è unire meditazione e calma al nostro linguaggio. Possiamo comunicare e influenzare noi stessi partendo da una parola. Possiamo, grazie al linguaggio, liberarci dal mal funzionamento ereditato dalla nostra famiglia, dalla cultura, dalla storia, dalla società grazie al potere e la magia delle parole.

Mettiti l’anima in pace. Amati per ciò che sei.

 

Daniele Andrea Pulciani

 

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