LA CENTRALITÀ DEL PRESENTE

“Corrono come se avessero il fuoco sotto il sedere in cerca di qualcosa che non si trova.Si tratta fondamentalmente della paura di affrontare se stessi, si tratta fondamentalmente della paura di essere soli. Invece a me fa paura la folla”. (Charles Bukowski)

 

Il lavoro su se stessi è fondamentale per comprendere quando ad agire, pensare e parlare siamo noi nella nostra individuale coscienza e consapevolezza, naturale intenzione, da quando invece siamo coinvolti nel movimento, a volte frenetico, del “flusso” di coscienza collettiva. Un flusso sempre più spesso incontrollabile se non si è presenti a se stessi.

Per questo è fondamentale imparare a mantenere il centro, mantenere l’attenzione sul proprio baricentro mentale, fisico e spirituale. Poni attenzione a ciò che accade intorno a te nel QUI e ORA, nel presente, e fallo con centralità, neutralità, “distacco”. Come un osservatore.

Siamo in una fase in cui dobbiamo sperimentare e riconoscere la nostra maturità, nei pensieri, nel linguaggio, nelle azioni e nei rapporti, nell’essenza di noi stessi. La società, gli eventi, le persone tende a catturare la nostra attenzione, la nostra energia distogliendola dall’essenziale. Siamo portati a ricercare l’esterno per trovare conforto all’interno. Per sentirci parte di un tutto trascuriamo noi stessi. In questo processo dobbiamo prestare attenzione a non essere risucchiati dal vortice.

È fondamentale essere nel presente. Nel qui e ora! Tutto il resto verrà da se.

Questo esercizio di centratura ci aiuta a rimanere allineati a noi stessi. Ciò che conosciamo come stato di coscienza collettiva, come flusso di energia in movimento, può avere una notevole influenza sulla nostra psiche, sulla nostra fiducia personale, sulla nostra motivazione e quindi sui nostri pensieri, parole e azioni.

“Qui tutto accade per te”, cantano i Negramaro, ma questo “tutto” non vuol dire lasciarsi trasportare dagli eventi, essere in balia degli eventi. Vuol dire saper essere al centro di se stessi e osservare come tutto ruoti intorno a noi. La sensazione che si prova, a differenza di quella di essere in un vortice in balia degli eventi, è più ferma, decisa, consapevole, matura, centrale. In equilibrio.

Da questo punto di vista possiamo operare per la nostra crescita e maturità. Possiamo vedere meglio, sentire di più, essere più sereni, più noi stessi. Serve davvero prendere le “distanze” da tutto e da tutti se il tutto e i tutti tendono a trascinarci in un vortice di coscienza collettiva sfrenata. Quasi come se perdessimo il controllo di noi stessi o che dubitassimo di noi stessi.

Non dobbiamo ricercare la socialità come via di fuga dal senso di solitudine. Dobbiamo invece affrontare la solitudine come percorso di crescita. Dobbiamo sperimentare la solitudine e “l’isolamento” come processo di crescita e di maturità, di consapevolezza. La solitudine diventa terreno pratico per esercitare il nostro potere personale sugli eventi e le situazioni.

La solitudine fa crescere, fa diventare più “grandi”. Favorisce l’apertura della visione interiore della vita, quella visione di centralità di cui vi parlo che aiuta a sviluppare la calma, la pace, l’equilibrio. Migliora e rafforza la conoscenza e la presenza di noi stessi. Ci spinge a far emergere la vita da dentro verso l’esterno.

“Non cercare la soluzione, trova l’equilibrio: esso porterà la soluzione.” (Swami Satchidananda)

 

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